Il calcio è un elemento indispensabile, ma è importante non solo assicurarsi di assumerne abbastanza ma anche far sì che il calcio assunto vada a finire nel posto giusto, e cioè nelle ossa, e non magari sulle pareti delle arterie, dove può provocare il loro indurimento e calcificazione (arteriosclerosi). Quando non si assume abbastanza vitamina K si rischia appunto che il calcio vada a finire nel posto sbagliato…
Per molti anni si è pensato che la funzione della vitamina K fosse esclusivamente legata ai processi di attivazione dei fattori della coagulazione. Tuttavia negli ultimi dieci anni ha assunto sempre più importanza la vitamina K2, in relazione al suo ruolo nell’ambito delle malattie cardiovascolari e dell’osteoporosi.
E’ bene chiarire innanzitutto che la vit. K è in genere carente nella nostra alimentazione. Questa vitamina si trova nelle verdure verdi (e quasi nessuno ne mangia una quantità sufficiente) e in cibi fermentati (ne è molto ricco il natto –formaggio di soia-molto diffuso in Giappone) e, diversamente dalle altre vitamine liposolubili, non può essere accumulata ma deve essere fornita ogni giorno. La forma più efficace di vit. K, la vitamina K2, è prodotta anche da una flora intestinale sana. A parte il fatto che pochi hanno una flora intestinale sana ma si può verificare una carenza notevole di questa vitamina se si resta anche solo 7giorni senza mangiare una quantità sufficiente di alimenti che la contengono. Inoltre, un buon assorbimento della vit. K dipende da una funzione digestiva ottimale. Persone che soffrono di problemi di digestione, in particolare dei grassi, soffrono pertanto più facilmente di un cattivo assorbimento della vit. K. Inoltre, anche i grassi in forma idrogenata, di cui la nostra alimentazione è purtroppo ricca, impediscono un buon assorbimento di questa vitamina. |
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Premesso quindi che le carenze di vit. K sono molto diffuse, cosa succede se si assume molto calcio (mangiando molto latte e formaggi o prendendo integratori a base di calcio), senza preoccuparsi di avere abbastanza vit. K? Ebbene, può succedere che il calcio assunto, anziché andare a rinforzare le ossa, si depositi nelle pareti delle arterie, formandovi una dura placca e provocando fenomeni di arteriosclerosi. Come riportato nel British Medical Journal dello scorso febbraio. Avrebbe a mio avviso meritato più pubblicità anche un recente articolo (BMJ2008 Feb2; 336(7638):262-6) in cui sono commentati i risultati di uno studio clinico effettuato su 1471 donne in postmenopausa. Da questo studio è emerso che nelle donne che assumevano integratori a base di calcio diminuiva bensì del 12% il rischio di frattura ossea, ma aumentava del 212% il rischio di malattie cardiovascolari. Secondo uno studio di autori statunitensi, guidati da Jane Lukacs, della University of Michigan School of Nursing di Ann Arbor, insufficienti livelli sierici di vitamina K possono essere implicati nella eziopatogenesi della osteoporosi delle donne in postmenopausa. Per avere ossa dure e arterie morbide-elastiche, e per far andare quindi il calcio nel posto giusto, è quindi necessario anche fare in modo che la propria dieta contenga molti alimenti ricchi in vitamina K, ed eventualmente assumere integratori a base di questa vitamina, dopo avere però consultato il proprio medico, sia per stabilire il dosaggio e la forma migliore di questa vitamina, sia per evitare i rischi di interferenze con determinati medicinali (in particolare con gli anticoagulanti). Diversi studi comparsi sulla letteratura internazionale hanno dimostrato che la vitamina K2 è essenziale per consentire ad una proteina del tessuto osseo, denominata osteocalcina, di essere perfettamente funzionale. Più precisamente, l’osteocalcina è in grado di legare il calcio solo quando carbossilata: ebbene, nell’organismo umano il processo chimico di carbossilazione può avvenire solo in presenza di sufficienti quantità di vitamina K. Viceversa, quando i livelli di vitamina K sono eccessivamente ridotti, l’osteocalcina risulta inattiva e non è in grado di “catturare” efficacemente il calcio, impedendo quindi all’osso di raggiungere o mantenere una adeguata mineralizzazione. A cura del Dott. Cristian Mastropietro
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